Era pomeriggio inoltrato.
Sarebbe potuto essere un pomeriggio qualsiasi della primavera di qualsiasi anno precedente a quello, tanta era la calma e la quiete.
"Ogni volta che torno qui, l'aria è imbalsamata", pensava Elric felice di vedere finalmente le mura del monastero.
Questa volta era venuto a piedi.
Aveva lasciato il cavallo al villaggio più vicino e aveva voluto proseguire a piedi per non perdersi un solo secondo di meditazione tra quelle valli secolari.
Appoggiato a un bastone, impolverato, il mantello di tela grigia e il cappuccio alzato, la barba sprizzata di grigio, sarebbe sembrato un mendicante se non fosse stato per una spada che portava al suo fianco e lo scudo bianco con la croce nera che ne facevano un soldato della Chiesa Aristotelica, un teutonico.
Era felice come uno scolaretto. E, come scolaretto tornava al Monastero.
Voleva rivedere quei luoghi dove aveva compiuto i suoi studi anni prima, ma soprattutto, voleva studiare ancora. Aveva conseguito la pastorale di base, quella maxima e diplomazia romana.
Aveva però abbandonato teologia molto tempo prima e quello, si diceva, sarebbe stato il primo passo, poi chissà.
Bussò alla porta del monastero e si mise in attesa, attendendo una risposta.