Passeggiata nel bosco di primo pomeriggio

Il mesto frate di ritorno dai campi si era inoltrato ai confini della boscaglia per cercare delle piante officinali che nell'orto non riuscivano ad attecchire.
Quando udì delle voci, si voltò di scatto verso la direzione da cui erano provenute e un pò timoroso chiese:

"Chi va la?!"

Del resto seppur fosse primo pomeriggio la coltre di chiome che fungeva da tetto della foresta gettava scure ombre nel sottobbosco facendo penetrare solo qua e la qualche raggio solare. E le leggende che correvano su quei luoghi soprattutto nel più profondo del bosco non erano rassicuranti.

Quando il monaco riconobbe un gentil figliuolo, si rassicurò e sorrise avvicinandosi:

"Oh, dominus vobiscum, filius! Mi ero messo solamente un pò in allarme. Sapete, più in là nel fitto del bosco, si dicono strane cose su quei posti e non è mai cosa buona rimanere alla mercè della natura e dell'ignoto.
Comunque sono contento che vi rivolgiate alla quiete del creato per riflettere. Cosa consideravate?

Io sono padre Filippo, piacere!"

E per quel momento la sua ricerca farmaceutica scomparve.

Sorrise a quelle parole:

"Ah, bene! Un futuro diacono. Sono proprio contento che la chiesa riesca a richiamare qualche fedele per servirla ed aiutarla a crescere. E da dove venite figliuolo?

Comunque si sono d'accordo con voi sopratutto nelle soleggiate e belle giornate come queste. Cambio del tutto opinione quando comincia a calar il sole. Lì preferisco esser al sicuro tra le mura del monastero."

Frate Pepponius aveva scorto dalla finestra della sua cella che dava sul bosco due figure conosciute, erano Ducadaosta, il giovane giunto da poco al Monastero per studiare e diventare diacono e Fratello Philip, che spesso e volentieri si recava nei boschi per trovare erbe medicinali utili a tutti i monaci del monastero. Mentre li osservava discutere un'idea attraversò la mente del giovane frate amante dei giochi e degli scherzi.

Prese un vecchio lenzuolo oramai destinato a diventare pezze per ripulire le pentole in cucina, e fatti dei buchi all'altezza del viso per permettere di vedere scese verso il bosco silenzioso.

Prima di giungere vicino ai due, passò dal capannone degli attrezzi a prendere una vecchia catena arrugginita, così facendo si travesti da fantasma mentre spiava i due nascosto dietro un cespuglio.

Doveva attirare i due verso la zona più in ombra del bosco affinché lo scherzo riuscisse bene, per cui prese un bel sasso e con tutta la forza che aveva in corpo, tanta data la giovane età e l'allenamento da soldato che fin da piccolo aveva seguito lancio il sasso oltre a dove erano posizionati i due.

"TONF!" il sasso aveva fatto proprio un bel rumore ed a giudicare da come si guardavano i due il rumore aveva attirato la loro attenzione.

Duca mentre conversava con Fra Philip senti un tonfo,un oggetto pesante che cadeva o che veniva lanciato:



Padre avete sentito???Non sara mica che voi abbiate ragione sulle leggende!

Il monaco sobbalzò non poco quando la quiete del bosco fu interrotta da un rumore sordo che produsse chissà cosa poco distante da dove si trovavano. Saltò quasi addosso al futuro diacono per lo spavento e con voce tremante, visto che lui, seppur inquisitore, ai demoni ci credeva fin troppo bene dopo tutte le storie che Pascal gli aveva raccontato sugli esorcisimi.

"Figliuolo, spero solo di aver avuto torto! Que...quel rumore non mi è piaciuto affatto. Venite spostiamoci, qui magari stiamo disturbando qualche spirito inquieto. Statemi vicino!"

Circospetti ed inconsapevoli si avvicinavano proprio dove si trovava il mascalzone.

L'impaurito frate, appiccicato al fedele che lo accompagnava in quella disavventura, si guardava alle spalle ma anche in tutte le altre direzioni nemmeno fosse una civetta che potesse muovere il collo quasi a 360°. Quel rumore sordo vicino a loro gli aveva lasciato una sensazione di inquietudine che si trasformò in pure terrore quando rumore di catene si scatenò dinnanzi a loro. Sgranato gli occhi non ebbe il tempo di capire cosa fosse che dopo qualche parola il povero ducadaosta crollo per lo spavento ai suoi piedi.
Si accasciò immediatamente al suo fianco sussurrando per cercare di passare inosservato:

"Figliuolo, figliuolo svegliatevei! Sono io l'anziano che devo svenire e che dovete salvare. Forza!!! Non lasciatemi solo! Oh Dio aiutami!"

Quattro schiaffi ben assestati sul volto del futuro diacono non riuscirono a destarlo e lui si ritrovo lì nella penombra creata dal bosco con uno svenuto al fianco e con chissà quali entità lì intorno.

E come se fosse in un incubo senza fine il povero monaco si vide piombare un vero e proprio fantasma svolazzante davanti che gli urlava suoni malefici contro. Cadde sul proprio sedere e prendendo il crocifisso nella mano, puntandolo verso quello spettro, indietreggiando da seduto urlava:

"Vade retro! Aiuto!! Vade retro!"

Non pensava che ce l'avrebbe fatta quel pomeriggio.

Il cuore che correva a mille e la paura che lo bloccava a terra non gli fece far caso a Duca che si era ripreso dal suo stato di incoscienza. Poi, mentre padre Filippo, già si vedeva in chissà quali atroci dolori causati da quell'ultraterrena figura, accadde ciò che cambio la situazione da terrificante a tragi-comica.
Il fantasma capicollò a terra come se fosse un sacco di patate lanciato da qualche scaricatore. E da sotto quel manto di irrealtà candida, che si scoprì solo dopo fosse un semplice lenzuolo, ne uscì frate Pepponius!

Lo sguardo di Padre Filippo da impaurito si trasformò in una mascherà di nervi tesi e di sguardi torvi ed arcigni. Quando Duca, gli continuò a parlare, questa volta lo udì molto bene e sentì ancora meglio tra le sue ossute mani la clava di fortuna che gli aveva ricavato. La strinse.

"Figliuolo, per chi ci ha rovinato questo pomeriggio di riflessione, c'è solo una punizione!"

Alzando la clava ed avvicinandosi al frate burlone.
Ed invece di far scendere quel pesante e robusto ramo sul capo del monaco il frate lo puntò, come un prolungamento del suo dito indice, verso il monastero che si intravedeva in lontananza.

"Frate Pepponius, ci avete fatto prendere un grande spavento! E poichè l'ilarità di questo genere è solo dannosa allo spirito ma, sopratutto, al cuore fino allo spuntar dell'alba del giorno di domani lustrerete le cartiere del monastero!!!"

Non sapeva bene se il frate ed il futuro diacono avessero compreso l'entità di quella punizione che sembrava di poco conto.
Invece per un acuto pensatore la gravità dell'atto da ocmpiere sarebbe giunta subito.
Le cartiere erano, forse, il luogo più sporco e putrido del monastero poichè le pergamene che servivano ai monaci per scrivere e rilegare le loro opere, venivano ricavate dalle pelli animali e trattate con li stessi grassi delle povere bestie. Si poteva immaginare, in una parte delle cartiere, i resti di animali, sangue e budella che si paravano davanti ad un ignaro spettatore.

E detto ciò lascio cadere la clava e si sedette per riprendere la tranquillità persa, masticando la base di uno stelo di pagliuzza raccolta da terra come antistress.

E quando il Pepponius se ne stava per andare ad adempiere alla propria punizione, il monaco scoppio a ridere:

"Fratello, ma dove andate! Suvvia, credete veramente che vi farei entrare in quell'inferno sceso in terra solo perchè vi siete agghindato come il migliore dei giullari?
Venite qui, stasera mi offrirete un pò di birra per scusarvi"

Continuando a ridere gli lancio una pietruzza addosso.

Padre Pepponius sorrise alle parolo del confratello. Disse:

"Perchè una semplice birra? Stasera faremo una buonissima cena in monastero! Cucineremo il cervo che ha cacciato mio zio Lair, che con la sua tenera carne ci rafforzerà per affrontare i duri giorni di lavoro alla vigna che ci aspettano!"